Nasce a Verona da famiglia zeviana il 31 marzo 1858. Secondo Amelio Chiamenti, Zevio, Verona 1956, p. 35 i genitori provengono dalla frazione Perzacco, donde partono per trasferirsi a Verona il 28 ottobre 1857. Angelo tiene sempre con i parenti di Zevio rapporti di affettuosa cordialità, come testimoniano numerosi ricordi custoditi in varie famiglie del paese. Dopo un’infanzia irrequieta, frequenta per due anni l’Accademia di Belle Arti in Verona, dove rivela ed affina la sua naturale attitudine all’espressione pittorica “ricca di stupende giovinezze” (R. Simoni). Più tardi a Roma, dove frequenta l’allegra brigata di Carducci, D’Annunzio, Pascarella, Scarfoglio, cresce nell’artista già noto il bisogno di approfondimento culturale, mentre le sue opere vengono sempre più largamente apprezzate. Una grande tela, Il dolore, va al Museo di Rio de Janeiro; nel 1886 vince a Milano il premio nazionale “Principe Umberto” con la famosa opera Ave Maria; le Biennali di Venezia lo vedranno protagonista per lungo tempo.
Appena può disporre di qualche somma consistente, pensa alla sistemazione economica dei familiari e soprattutto ad assicurare una vecchiaia serena alla carissima mamma.
Del 1903 è la celebre Piazza delle erbe (rappresenta una nota piazza di Verona), che trionfa alla quinta Biennale di Venezia e rimane là per decenni alla Galleria d’ Arte Moderna; ora è patrimonio dell’ omonima Galleria di Verona, con altre tele di Dall’Oca, il quale predilesse sempre la sua città.
Ulteriori notevoli successi ottiene a Parigi, Chicago, Barcellona, Saint Louis e altrove; il quadro Madonna Verona venne acquistato per il grande Museo d’Arte di Budapest. Viene anche nominato Commissario per la Cooperazione Intellettuale assieme a Marconi, Respighi, Gentile, Mascagni e Pirandello. Eppure, dopo il 1919, egli si apparta sempre più dalla grande scena: rinuncia a esposizioni, mostre e premi affermando che, non essendovi costretto dal bisogno, “non abbandona la poesia del suo studio”. Scrive con orgoglio: “Io mi permetto il lusso di dipingere per me solo”. (cf. Fragiocondo, Angelo Dall’Oca Bianca, Verona 1952).
Amici fraterni come Simoni e Barbarani riempiono buona parte delle ore libere; anche il devoto amore per Verona lo mantiene sempre vigile e battagliero, spingendolo a vivere tra il popolo, nonostante la stima e l’amicizia di grandi personalità come Panzacchi, Giacosa, Serao, Duse, Trilussa, Segantini e Gemito. Le sue occupazioni non gli concedono molte distrazioni; anzi l’artista si sente impegnato a lavorare più di prima, perché in realtà non dipinge più per se solo, avendo già in animo il generoso progetto di togliere dalle “casematte” delle mura cittadine e dai luridi bugigattoli dei quartieri più miseri i poveri sbandati. Chi era studentea Verona negli anni ’30 ricorda il pittore sull’assolato Liston (ampio marciapiede di Piazza Bra, su cui si aprono caffè e ristoranti) mentre passeggia con Barbarani e Simoni e, benché non più giovane, si anima e discute sempre pieno d’umore vivace, arguto, polemico. Ma tutta la città deve conservare una riconoscente memoria dell’artista, che esalta Verona nelle opere più belle e la designa “sua erede universale”. Così, per offrire decoroso asilo a tante famiglie diseredate, nasce non lontano da S. Zeno il Villaggio Dall’Oca Bianca: espressione degna di un cuore e di un’arte ricchi di viva umanità. Angelo muore a Verona il 18 maggio 1942.
Al simpatico artista Zevio ha dedicato una via del capoluogo.
Pagina aggiornata il 11/07/2024